VENTURE CAPITAL: STATO DELL’ARTE DELL’ECOSISTEMA ITALIANO
La situazione nel 2020
Alla fine del secondo trimestre 2020 il numero di startup innovative iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese era di 11.496, con un incremento di 290 unità (+ 2,6%) rispetto al trimestre precedente. Delle circa 365.000 aziende costituite in Italia negli ultimi cinque anni e ancora attive, il 3,1% è stata registrata come startup innovativa. Il capitale sociale complessivo sottoscritto dalle startup è aumentato rispetto all’ultimo trimestre (+13 milioni di euro, + 2% in termini percentuali) e si attesta ora a 656,3 milioni di euro; il capitale medio è di 57.090 euro per azienda.
Se analizziamo i dati relativi al genere, le startup innovative guidate da donne – dove la maggioranza delle azioni e dei ruoli amministrativi sono ricoperti da donne – sono state il 13,2% del totale (1.522), un’incidenza molto inferiore rispetto al 21,7% osservato analizzando le nuove società “tradizionali”. Le startup innovative con almeno un dipendente di sesso femminile sono 4.902, il 42,6% del totale, percentuale anch’essa inferiore rispetto alle altre nuove imprese (46,6%). I giovani (sotto i 35 anni) prevalgono in 2.067 startup innovative, il 18% del totale, contro il 15,3% delle nuove imprese non innovative. La differenza è ancora maggiore per le imprese con almeno un giovane dipendente: il 41,4% delle startup (4.758 in totale) contro il 32,8% delle altre aziende.
La distribuzione geografica del fenomeno mostra che la Lombardia rimane la regione in cui si colloca il maggior numero di startup innovative (3.135; 27,3%) del totale nazionale. Il Lazio è al secondo posto, (1.302; 11,3%), seguito da Emilia-Romagna (951; 8,3%), Veneto (948; 8,2%) e Campania (908; 7,9%). Milano è di gran lunga la capitale delle startup innovative: erano 2.253 al 30 giugno 2020, il 19,6% del totale nazionale. Roma è al secondo posto con 1.178 startup, seguita da Napoli (425), Torino (390) e Bologna (320).
A che punto siamo col funding?
In Italia, nel primo semestre del 2020 l’ecosistema dell’innovazione ha perso posizioni ma ha retto meglio rispetto ad altri paesi. Il venture capital (VC) ha fatto investimenti per 217 milioni, in calo del 30% rispetto allo scorso anno, distribuiti su 57 operazioni (-17%).
Se invece analizziamo l’ammontare degli investimenti in StartUp Italiane nel 2019, questi si posizionano a 723 milioni di euro. Un numero che include 74 round e tutte le 124 operazioni di crowdfunding per un valore di oltre 55 milioni. I round che si sono distinti di più nel 2019 sono stati: BrumBrum, che ha aperto l’anno con un aumento di capitale di 20 milioni di euro; Talent Garden, che ha chiuso un aumento di capitale da 44 milioni di euro; e l’azienda biotecnologica Philogen. Il confronto con l’anno prima mostra un segno positivo: nel 2018 ci sono stati investimenti per 522 milioni. L’equity crowdfunding ha registrato un aumento record (+ 83%), chiudendo l’anno con 124 campagne chiuse e un totale di 55 milioni di euro, compresi gli incassi da PMI. Nel 2018 l’importo totale era stato di 30 milioni, mentre nel 2017 si era attestato a 11,7 milioni.
Andando ad analizzare più nello specifico, come siano stati allocati questi 723 milioni e da quali player, possiamo confermare che nel 2019 le società italiane di venture capital hanno effettuato 148 operazioni con €597 M investiti, più alto dei €521 M dell’anno precedente. Di questi, 121 erano “first time investments” (+55%, rispetto ai 78 del 2018) e 27 erano “follow-up investments” (+12%, rispetto ai 24 del 2018), questi ultimi infatti son rimasti abbastanza stabili, ma con in incremento del 64% nella quantità di funding, da €98 to 161 M. Oltre a questi risultati, i dati forniti da IBAN, Associazione Italiana Business Angels, mostrano che gli investimenti effettuati nel 2019 da queste entità finanziarie (Angel Investors) sono stati pari a 53 milioni di euro (+32.5%), ripartiti su 88 deal, con un aumento rispetto ai 40 milioni di euro registrati nel 2018.
Se guardiamo invece alle aziende consolidate, la primissima reazione è stata di posticipare molti progetti di innovazione e alcuni sono stati semplicemente abbandonati. Però adesso, nell’adattarsi alla nuova normalità, si sono viste praterie di miglioramento, soprattutto lato digitalizzazione, ciò che “non si può fare” ora è possibile e i progetti di open innovation stanno ripartendo. C’è meno spazio per i progetti di sola visibilità, con l’obiettivo di fare qualcosa con le startup solo per immagine. Adesso i manager delle corporate hanno più chiaro come lavorare con queste realtà, quanto serve investire in termini di tempo e risorse e cosa si può ottenere come Kpi e Roi.
Dalle attività di corporate venture capital infatti, nel primo semestre dell’anno, si conferma l’evidenza recente che vede una notevole presenza di imprese nei round di venture capital. In particolare, la partecipazione delle corporate negli investimenti a supporto delle realtà imprenditoriali nascenti o nella fase di primo sviluppo è, come per il 2019, pari al 26%, valore in aumento rispetto al 2018 (20%).
Complessivamente venture capital e corporate venture capital hanno investito 119 milioni di euro su 36 round, le attività di sindacato tra venture capital, corporate venture capital e business angel hanno fatto registrare investimenti pari a 98 milioni di euro su 21 operazioni e i soli business angel hanno investito 31 milioni in 31 round.
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Infine, la componente di finanziamento internazionale ha raggiunto i 231 milioni di euro, + 8% rispetto al 2018. Tuttavia, quando dodici mesi fa il dato è stato “guastato” da un’operazione straordinaria da 100 milioni, che rappresentavano il 47% del totale, nel 2019 non osserviamo “anomalie” di questa portata. Ciò dimostra che come ecosistema imprenditoriale nazionale, l’Italia sta gradualmente iniziando ad attrarre investimenti stranieri in modo più regolare e costante.
Per quanto riguarda i settori di attività, il 73,3% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese: in particolare, i segmenti principali sono: la produzione di software e la consulenza informatica (35,6%) e le attività di ricerca e sviluppo (13,8%). Quasi il 18% delle startup è attivo nel manifatturiero (macchinari, 3,2%; computer e prodotti elettronici e ottici, 2,8%), mentre il 3,3% opera nel commercio.
Investiamo troppo poco in innovazione?
Il nostro Paese resta ancora lontano dall’obiettivo europeo di investire il 3% del pil in Ricerca & Sviluppo: l’Italia investe l’1,2%, mentre la Francia il 2,2% e la Germania il 3,13% (dati Oecd, 2018). Abbiamo, inoltre, ancora pochi ricercatori e pochi brevetti. Eppure, esiste una relazione diretta tra investimenti in R&S e crescita del PIL. Siamo orgogliosi dei ricercatori italiani che hanno successo nei centri di ricerca stranieri, ma c’è poco da festeggiare questa fuga di cervelli. Questi giovani, altamente qualificati dalle nostre università, non trovano opportunità professionali adeguate in Italia e scelgono di mettere a frutto le loro competenze in altri paesi.